“Noi italiani siamo lo zero virgola ottantatré per cento della popolazione mondiale, ma il rimanente 99,17 dei terrestri ci adora. Vuole godere del nostro cibo.”
(Oscar Farinetti)
Chi ha pronunciato questa frase lo sa bene e ne ha fatto un cavallo di battaglia e un business di caratura mondiale: l’Italia è universalmente riconosciuta come culla di tradizioni enogastronomiche dalla qualità e varietà uniche e inimitabili.
Questa varietà nasce dal nostro territorio unico, dalle nostre coste bagnate da mari chiusi e protetti, dalle montagne che ci cingono e ci attraversano, dalle dolci e verdi colline che ci punteggiano. Ogni territorio produce da sempre materie prime assolutamente tipiche, povere o pregiate, che da generazioni diventano gli ingredienti di una tradizione gastronomica tra le più variegate al mondo.
In questo panorama così composito la cucina italiana è da una parte nelle mani delle nonne, delle trattorie di paese dove rivivono gusti semplici e antichi, e dall’altra dei cuochi, anzi, degli chef, che sempre più diventano delle super star. Insomma, sembrano esserci tutti i presupposti per dedurre che quello del food sia un settore che non conosce crisi (scopriremo in realtà nel corso dei prossimi articoli un panorama di luci ed ombre tutto da comprendere e interpretare). Questo perché, come dicono in molti, sarebbe ormai diventato una moda, mutevole, incerta e talvolta “pilotata” dagli addetti ai lavori.
Ma è davvero così? La cucina, o meglio il mondo del cibo, inteso nella sua globalità di espressioni, spesso dai contorni poco definiti che si intersecano e si sovrappongono (gastronomia, enologia, cucina) può essere definito alla stregua della moda, ovvero come un macrocosmo in continua evoluzione fatto di tendenze che cambiano, spariscono, mutano e si trasformano?
La risposta potrebbe essere, in realtà, una domanda. Cioè: e se anche fosse vero, che il cibo sia ormai divenuto una moda, il concetto stesso di evoluzione come può essere considerato negativamente in un mondo in cui tutto, per restare vitale, deve necessariamente essere mutevole?
E allora, in questo contesto, torna ancora in gioco la parola “tradizione”, spesso utilizzata per elevare il concetto di moda e conferire autorevolezza e valori positivi legati alla qualità, all’amore e alla cura.
Questa ambivalenza trova riscontro in una serie di fenomeni che stanno attraversando il mondo del food trasformandolo radicalmente rispetto a quello degli scorsi decenni.
Il primo effetto del food come moda mostra un fenomeno di massa, popolato da un numero sempre più elevato e anagraficamente giovane di appassionati e di aspiranti cuochi. Le fonti di apprendimento di questa massa multiforme sono molteplici, e vanno dai numerosi blog ai corsi di cucina per amatori o per professionisti (anche di questo parleremo più approfonditamente nel corso dei prossimi articoli… non perdeteli!).
La tradizione, nel contempo, impara a confrontarsi con la globalizzazione, che impone non solo ingredienti nuovi ed esotici, ma anche modalità e abitudini differenti di consumare il cibo, portando e spesso obbligando la cucina “della nonna” ad assumere un’impronta internazionale.
Si è detto di come sia cambiato negli ultimi anni il concetto del mangiare.
Il nutrirsi, inteso nel suo senso più ampio e non solo come l’atto di immettere nell’organismo alimenti, piace sempre di più.
E torniamo quindi al concetto di moda.
La televisione fornisce prove evidenti del dilagare di questa tendenza con i suoi talent-cooking-reality-show di ogni genere. I cuochi sono diventati delle superstar, oltre a condurre i rispettivi ristoranti compaiono spesso come intervistati, testimonial di campagne pubblicitarie e giudici di programmi tv.
Ma è Internet a rappresentare l’habitat naturale di questa nuovo fenomeno, è questo il posto in cui il cibo ha mutato nome, assumendo l’epiteto assai più fashion di food.
I social network, Instagram in particolare, giocano un ruolo fondamentale: con uno smartphone sempre a portata di mano, prima o poi chiunque cederà alla tentazione di fotografare un impiattamento speciale o un dolce coloratissimo, andando a popolare quel grande universo di immagini di cibi di ogni genere e tipo e alimentando quel fenomeno diffuso definito foodporn, letteralmente “pornografia del cibo”.
In questo mare magnum di tendenze, evoluzioni più o meno sane, incursioni di gusti e abitudini nuove, come stabilire ciò che arricchisce e ciò che è superfluo, superficiale o perfino dannoso?
Occorre tornare al concetto primordiale del cibo come cura dell’ingrediente, di una cucina che ne rispetti le proprietà e che bandisca gli spechi.
Ma, questa, è un’altra storia. Continuate a seguirci…
“Non mangiate nessuna cosa che la vostra bisnonna non avrebbe riconosciuto come cibo.”
(Michael Pollan)